Missione Konoha: L'anello d'oro

Partecipanti: Mokuton

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    Narrato, Pensato, Parlato, Parlato bandito 1, Parlato bandito 2, Parlato da Hokage.


    Qualche giorno prima…


    Il labbro inferiore tremava leggermente, come anche le gambe. Non poteva accettarlo. La soluzione poteva essere solo una.

    Seto non è mio padre… non era…

    Guardò di nuovo l’albero.

    D.S… S per Senju…

    Respirò a pieni polmoni. Non era un sentimentalista ma tratteneva a stento le lacrime. La famiglia che pensava di aver avuto era mera finzione. E ora si domandava se Seto era a conoscenza di questi fatti. Il diario era pur sempre custodito nel baule di Isis in soffitta.
    Cercò di riprendersi. Imbracciò tutto quello che aveva trovato e si diresse come il vento di nuovo verso casa. Arrivato in camera posizionò sotto il letto il diario, dove inserì il nuovo messaggio e la mappa. Poi stese sul letto tutta l’armatura e l’arco per esaminarli meglio. Anche se erano stati conservati per anni nel legno, non si era rovinati molto. Quello strano materiale aveva proprietà uniche. Tuttavia alcune giunture ed altre parti sembravano non essere più come un tempo si potevano immaginare. Così decise di fare una visita al fabbro del villaggio e prendere il materiale necessario per una riparazione. Non si fece problemi con le spese, voleva ottenere il meglio e in modo autonomo. Quando tornò si mise subito al lavoro e nell’arco di qualche ora completò tutto, comprese le misure giuste. Indossò finalmente l’armatura e agganciò l’arco sul sopporto dietro la schiena. Per il momento non aveva frecce. Era perfetta. Quando si specchiò notò che il suo volto veniva completamente celato: una superficie completamente nera.


    In quel momento…


    Il kunai colpì la gamba della donna che gemette. Si accasciò a terra: sembrava aver perso i sensi. Kodama si avvicinò con cautela cercando di scorgere ogni minimo movimento.

    È svenuta…

    Un sospiro di sollievo. Se l’era vista brutta, ma era andato tutto per il meglio.
    Fissò l’avversaria, impotente ai suoi piedi.

    Non ha visto la mia abilità… e non conosce la mia identità… non è necessario che io…

    Si chinò e tolse l’anello d’oro dalla mano e se lo mise in una tasca interna.

    L’obbiettivo della missione è raggiunto.

    Ehi! Ha lui l'anello!!!

    Si voltò di scatto.

    Prendiamolo!

    Un gran numero di uomini lo stavano raggiungendo. Troppi per combattere. Troppo vicini per scappare.
    Prima di aver tempo di studiare un piano di azione, i primi quattro lo aggredirono. Riconobbe i volti dei banditi all’asta. Tutte le persone dell’asta lo stavano per attaccare.
    Schivò alcuni pugni incerti e con rapidità utilizzò un calcio ad ascia a testa, scagliandoli a terra. Colpì con un calcio al volto uno dei quattro che si stava rialzando.
    Poi alzò lo sguardo.

    Saranno venti… trenta!

    Un respiro profondo.

    Va bene… non mi tirerò indietro.

    Urlò con voce glaciale.

    Fatevi sotto!

    Si lanciò in corsa cercando di anticipare il gruppo di testa: un diretto destro al volto di un bandito, un calcio medio al ventre di un altro. Gli altri lo accerchiarono. Venne bloccato da dietro da un energumeno mentre altri due lo stavano picchiando al basso ventre. Con una testata all’indietro si liberò dalla presa e schivò un altro pugno chinandosi. Buttò a terra uno dei due ed iniziò a colpirlo al volto con feroci pugni. Si rialzò e annichilì con una ginocchiata l’altro. L’energumeno intanto tentò di nuovo di afferrarlo, ma questa volta riuscì a schivarlo con un balzo all’indietro. Il giovane scattò in avanti e con un montante destro centrò il mento dell’uomo: dovette saltare vista l’altezza. Come un albero abbattuto, cadde a terra in un tonfo.
    La stanchezza e le ferite si stavano facendo sentire, ma lo shinobi strinse i denti. Si fece strada colpendo dietro la nuca con un colpo di mano un piccolo uomo tarchiato, e si preparò ad affrontare una decina di banditi armati di pugnali e spade corte. Evitò alcuni affondi usando la sua scioltezza nei movimenti ma incominciò a divenire più lento: così usò l’Arte della Terra e creò altre nubi di fango per proteggersi dagli attacchi. Presi alla sprovvista, vennero atterrati da una serie rapida di pugni, diretti al volto, e calci frontali. Uno ad uno, cadevano come in una tetra danza di morte. Alcuni urlavano infuriati mentre altri si rotolavano a terra doloranti. Rimaneva l’ultimo gruppo. Tentò di disorientarli con una Tecnica della Moltiplicazione per poi gettarsi all’attacco: venne colpito da diversi calci, ma li restituì con il doppio della forza. Due uomini tentarono di bloccarlo, ma con una capriola si portò dietro un terzo bandito: colpì alle ginocchia con due calci e quello gemette cadendo. Quando si rialzò, fulminò con lo sguardo i due precedenti avversari e li colpì al volto con una sequenza di ginocchiate: gli fece sanguinare perfino le orbite, mentre tentava di allontanarsi da altri eventuali attacchi, ruotando di novanta gradi. Bloccò altri pugni e atterrò gli ultimi due uomini con un braccio teso ed esteso. Una gomitata a testa nella nuca e persero i sensi.
    Si rialzò dolorante, quasi zoppicava, e si guardò intorno: nessuno era in grado di rialzarsi. Sorrise sotto i baffi e si incamminò verso la foresta.

    Non posso perdere altro tempo.

    Si avviò nelle ombre della vegetazione mentre passo dopo passo il sole si nascondeva sempre di più. Quando raggiunse il ponte, era ormai sera. Approfittò dell’acqua fresca per darsi una rinfrescata e recuperare un poco le forze. Si accertò di non essere seguito. Il silenzio della notte avvolgeva tutto. Si spostò fra gli alberi senza correre, tentando di non pensare alla fatica. Raggiunse la via principale: non vedeva l’ora di arrivare al villaggio. La mente colma di pensieri riguardanti gli accadimenti delle ultime ore e, inesorabilmente, degli ultimi giorni. Non lo ammetteva, ma era ancora molto scosso dalle recenti rivelazioni.
    Si riposò per un’ora quando ormai era già mattina. Non chiuse occhio. Nel primo pomeriggio trovò una radura poco distante, dove alcuni alberi da frutto regalavano gentilmente i propri figli. Mentre mangiava si accorse di non provare più dolore, anche se muscolarmente era ancora abbastanza debilitato.
    Quando nel tardo pomeriggio si ritrovò alle porte di Konoha non gli sembrava vero. Senza fare ulteriori soste si recò alla resistenza dell’Hokage: lo trovò nel suo ufficio.

    Si avvicinò e consegnò l’anello d’oro mentre con voce distante fece un breve e sommario rapporto su tutta la missione. Tentò di evitare direttamente lo sguardo dell’Hokage.

    Bel lavoro, grazie Kodama.

    Per una cosa tanto piccola, aveva rischiato grosso. Ma era consapevole dell’importanza dell’incarico, così si congedò in fretta e si diresse a casa mentre scivolava silenziosamente sui tetti del suo villaggio.
     
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