Missione Konoha: l'epidemia

Partecipanti: Byakko

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    Yuki Moriko
    scheda - 15 - Genin



    Parlato Yuki
    Pensato Yuki
    Ragazzo


    Dannazione, ci mancava solo questo... pensò leggermente avvilita, strizzando gli occhi cercando di abituare la sua vista alla poca luce. A quanto pareva il generatore elettrico principale aveva ceduto, probabilmente qualche fusibile era andato e ciò aveva attivato quello di emergenza. Sta di fatto che illuminava un benedetto nulla.
    Quegli idioti mi hanno lasciato indietro, teste di rapa borbottò tirandosi su le maniche della sua maglia, prendendo a camminare verso il pronto soccorso. Il corridoio che stava percorrendo era veramente buio, solo alcuni neon – muniti di autonomia – le garantivano un minimo di luce per permetterle di andare verso la direzione giusta e soprattutto di non farla sbattere contro gli oggetti lasciati sparsi nei corridoi. Si potevano trovare dalle barelle agli in vitri, lenzuola sparse ovunque e Kami-sama solo sapeva a cosa corrispondevano le macchie di colore amaranto e scarlatto residue sul pavimento, sulle mura e, purtroppo, anche sotto le suole delle sue scarpe.
    Fu colpita soprattutto dai numerosi corpi che si riversavano ovunque, alcuni persino ancora attaccati ad apparecchi che li mantenevano in vita.
    Ogni corridoio era riverso in quelle condizioni e se non ci fosse stata lo sgradevole odore di sangue, avrebbe anche potuto fare quella “scampagnata” alla ricerca del gh34 con più serenità.
    Eppure c'era una strana sensazione di ansia che le attanagliava lo stomaco da farla scattare ad ogni minimo rumore.
    Facevo meglio a starmene a casa... pensò Yuki, mentre i suoi passi rimbombavano fra le mura, fino ad arrivare – dopo un tempo che le parve interminabile, davanti alle porte del pronto soccorso, stranamente quella porta pareva più intatta di tutte le altre – anche perché quelle lì le aveva trovate completamente scardinate, vetri rotti e pomelli sparsi un po' ovunque.
    Si avvicinò alla porta scorrevole e con un gesto piuttosto semplice la aprì, facendola scorrere verso destra.
    Quello che le si presentò davanti la fece immobilizzare sul posto la ragazza dai lunghi capelli bianchi: davanti ai suoi occhi, all'interno della sala d'aspetto – e che in quel momento aveva proprio un aspetto terrificante – quaranta corpi si muovevano lentamente senza uno logica precisa, grugnendo e emettendo versi che sicuramente non appartenevano a nessun umano. Una parte riusciva a riconoscerli, non nome e cognome questo è certo, ma la divisa da ninja medico non le era sfuggita, così come quelle dei ninja e i lunghi camici da pazienti.
    Cosa diav...? le parole le scivolarono fuori dalle labbra incontrollate, per affievolirsi poi neanche alla fine, quando i capi delle persone si sollevarono. Alcuni di loro iniziarono ad inspirare profondamente l'aria circostante, inclinando il capo, come se sentissero degli odori nuovi. Fu quello scatto da parte di quelle “cose” che Yuki poté notare il liquido rosso cremisi intorno alle labbra, alcune macchie gli dipingevano abiti e altre parti del corpo.
    Un conato di vomito le risalì su per la gola mentre un impulso dettato dal suo istinto di autoconservazione le fece azzardare un passo all'indietro. Non era neanche stata tanto rumorosa ma loro, come se condividessero da un solo pensiero fecero scattare le loro teste nella sua direzione e non appena la video cominciarono ad avanzare verso di lei.
    Oh no, no, no, no, no balbettò, notando solo allora che solo in quella stanza erano racchiuse quasi quaranta persone.
    Fece per voltarsi, rischiò anche di perdere l'equilibrio e di cadere su dei vetri rotti ma, all'ultimo secondo, si ridestò per poi ingranare la quinta e correre più veloce possibile.
    Non sapeva precisamente dove stava correndo, si era ritrovata persino a rovesciare dietro di se qualunque tipo di oggetto avesse trovato sul suo cammino. Per rallentarli aveva, e questo l'aveva persino fatta sentire un po' in colpa, rovesciato anche una barella con sopra un paziente.
    Se un giorno verrai mai a saperlo, perdonami pensò col fiatone, salendo una rampa di scale a due scalini alla volta e per questo affaticandosi più del normale. Una volta salita si ritrovò probabilmente in un altro reparto, questo, a giudicare dalle condizioni un po' meno disastrose, sarà stato scarsamente “frequentato” da quelli che normalmente avrebbe definito zombie.
    Non immaginavo, però, che potessero correre in questo modo continuò guardandosi introno per una possibile via di fuga. L'unica cosa che aveva a disposizione solo un enorme cassonetto dell'immondizia.
    La ragazza deglutì, mandando giù il groppo che aveva in gola, e con il cuore che le batteva a mille e senza indugiare più di tanto si gettò nel cassonetto atterrando su un tappeto di rifiuti. E dovette ringraziare il buio, che non le permetteva di vedere il contenuto su cui si trovava, ma soprattutto che non le aveva fatto rigettare il suo pranzo. Tuttavia l'odore non era esattamente dei migliori.
    Ansimando si toccò nervosamente le tasche e da una di esse estrasse una piccola fiala e la strinse al petto, chiudendo gli occhi e cercando di calmare il respiro.
    Ricorda cosa ha detto il ninja medico, questa è solo in caso di bisogno. Siamo gli unici qui, serve il gh34, e questa non va sprecata. Si ripeté mentalmente, e nel frattempo il rumore dei passi si faceva sempre più distante.
    A quanto pare, sono riuscita a scamparla sospirò, lasciandosi andare sulla montagna di rifiuti, e la malsana idea di starsene lì ad aspettare che qualcuno – specialmente qualche ninja con i sensi di colpa per aver mandato dei teenagers in pasto ai cannibali. Però, il pensiero che nessuno li avrebbe soccorsi la fece scattare a sedere.
    Oh, devono solo azzardarsi a lasciarci in balia di 'sti cosi! Borbottò pronta per mettersi comoda ma quando aveva trovato la giusta posizione, un urlo terrorizzato la fece sobbalzare e finì anche per colpire il coperchio.
    NO... NO!!!! STAMMI LONTANO BRUTTO MOSTRO! A giudicare dalla voce, poteva avere la sua stessa età, ma più che preoccupata per l'urlo, era impegna a massaggiarsi il capo con la mano.
    Ouch, disgraziato! Se mi esce il bernoccolo, mi senti pensò massaggiandosi le tempie. Ormai aveva capito che li fuori non c'era più nulla di sicuro, chi si trovava all'esterno era in balia di gente fuori di testa. Probabilmente della persona che ha emesso l'urlo non era rimasto più nulla.
    Eppure se con questi pensieri cercava di auto convincersi che non ne valeva la pena rischiare le penne in quel modo stupido, c'era una parte di lei, anche se piccola e insignificante, che scalpitava.
    Con un gesto lento sollevò il coperchio del cassonetto in modo da farle vedere il luogo vuoto. Una volta accertatasi che nessuno di quelli si trovasse nelle vicinanze, uscì da esso con un balzo.
    Ti prego, fa che non ti sia fatto incastrare da uno di quei cosi, perché con quello che mi stai facendo rischiare, l'unica che ha il diritto di ucciderti sono io sbottò scocciata, leggermente seccata contro quella parte di lei buona e altruista – forse un po' troppo – mentre silenziosamente si dirigeva verso il luogo in cui era stato scaturito l'urlo



     
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