Girone A : Darren VS Drizzt

In Artemide il lucore adamantino lambiva le tenebre e con pallidi flutti la magione stellata rinfrancava il cuore del sospirante guerriero. Con i suoi baci, la dea palpava il folto scenario di villi tremolanti alle brezze serali; come il fattore che passeggia tra le spighe dorate, lei poggiava le sue candide mani, divenute strumento di delicate carezze, sul morbido manto della pianura Kumese. Quasi che il pallore delle stelle nutrisse in qualche modo l'asceta, lui rimaneva silente sotto il manto ombroso a contemplare ogni cosa. Ad ogni passo i suoi sandali si bagnavano dell'essudato serale così come le caviglie, indugiando nel vezzo di morbidi ciuffi, si umidivano regalandogli piacevoli brividi. In quel perpetuo calpestare sfumature autunnali, addolcite però dal gentil tocco divino, l'incedere del vento gli portò presagio di tempesta. Il mellifluo odore dell'erba bagnata si alternava vicendevolmente ad un più aspro afrore e già spumeggianti grigiori veleggiavano nell'orizzonte di quella notte senza sonno.Quanto in tutto era un fantastico preludio, l'ouverture perfetta per il primo autentico atto, per l'ebbrezza della lotta ed il cozzare di ardenti spiriti belligeranti. Mentre la corvina chioma rimaneva vittima degli scherzi di Eolo e dello sguardo della luna, la mente del ragazzo divenne pettegola di chi sarebbe stato il suo avversario. Di chi, come lui, avrebbe dato luogo ad un grande spettacolo ed una formidabile battaglia. Si sarebbe saziato del dolce sapore della vittoria, o l'amara sconfitta avrebbe nauseato il suo palato?

Buonasera, piacere di conoscerti, il mio nome è Darren Fukowa e sono un genin del villaggio della nuvola...sarà un onore sfidarti

Ebbe appena modo di distinguere la sua figura, buia estensione del gigantesco bruno mantello, solo grazie alla fisionomia antropomorfa; lo sguardo dapprima rapito dal cielo doveva ancora abituarsi alle sole ombre del regno di Ecate. Ma quel cambio di paesaggio gli avrebbe presto giocato un fastidioso scherzo diretta conseguenza dell'educare le proprie iridi all'assenza di luce.

iniziamo!

E con quelle parole battezzò tenzone. Con l'agitarsi della sagoma Samael si scostò di appena un metro; era il movimento di chi vuol lanciare qualcosa per questo non esitò di muoversi a manca. Nulla però sferzò l'aria ma un abbacinante ed effimero chiarore a terra portò con sè altrettanto rapidamente la percezione del suo occhio destro. Con il sinistro poteva ancora osservare gli avvenimenti; seppur stordito si rese conto che un tale artificio avrebbe sicuramente avuto seguito, era ovvio quanto l'oscurità che li circondava. A priori, evocò a difendere la sua sconvolta presenza un drago di pure saette. Ebbe vita dalle spalle, con sfolgorii scricchiolanti, per poi avvolgerlo come un boa sulla propria preda, ma lui non lo avrebbe tradito in alcun modo. Sicchè l'avversario non tardò nel farsi avanti. Dagli splendenti palmi, prese forma l'agglomerato sferico di un minuscolo tuono che poi ascese al cielo anticipando le grandi falcate del suo creatore. Fu addosso all'asceta in un battito di ciglio, già pronto a fargli provare la potenza del suo ginocchio. Quest'ultimo, quasi cieco, ebbe fede nel suo jutsu. Sentì le scariche trattenere l'efferatezza altrui, come due magneti di identica polarità finchè deviato, cozzò il suo fianco. Non ancora appagato, quel Fukowa fendette nuovamente l'aria ed un kunai, più affilato del solito, passò rasente lo sterno di Samael che, con azzardato disimpegno, si mosse reggendosi babordo all'altezza del rene. Poi il globo esplose e numerose saette piovettero a lui. Il drago fu abbastanza capace di occuparsi di gran parte di quelle ma, oramai stanco scomparve, l'ultima non riuscì ad essere soffocata. Colpì la zona costale ed un bruciore identico all'affondo di una lancia ardente e ben affilata incontrò i suoi sottili sensi. Stoico sopportò il dolore perchè i ruoli stavano invertendosi e la vista sana.
Quante energie...
Fu la prima cosa che lampò da un suo ragionamento. Quell'uso smodato di chakra, avrebbe portato allo sfinimento il guerriero prima ancora di rendersene conto; se anch'egli avesse adottato lo stesso esempio. Doveva risparmiarsi. Doveva riservare gran parte delle proprie energie nel contrastare la figura altrui; quel coetaneo che con baldanza non risentiva di un simile affaticamento. Sapeva: tutto era molto sospetto, soprattutto per un coetaneo, soprattutto per un genin; come lo era lui del resto.

Decise di seguire l'esempio avversario: in una strategia ben oculata a volte sorprendere chi si affronta con manovre identiche, anche se in parte, si rivela essere la cosa meno aspettata. Intrufolò la mano a raccogliere una piccola sfera e con un movimento simile a quello svolto nel principio dello scontro tese come un arco il braccio destro e con slancio catapultante la fece arrivare il più possibile nelle vicinanze dello sguardo altrui, il timer era settato a 3 secondi. Poteva benissimo esplodere a mezz'aria perchè la traiettoria donata era di tipo parabolico, quasi spesso gli accadeva nei suoi lanci; frattempo lo sguardo era già distratto nell'estrarre altri due utensili dall'utile marsupio. Aveva però anticipato queste piccole manovre componendo i sigilli di una tecnica da poco appresa e perfezionata. Essa lo nascose a qualsiasi sguardo rendendolo estensione stessa di quei lidi. Alcuni passi si susseguirono, abbastanza per dislocarsi dall'area visiva dell'avversario; a tribordo. Uno spiedo andò a salutare il terreno poco più avanti a lui, un piccolo inganno per confondere idee su una sua possibile posizione effettiva. Ciò avrebbe avuto senso solamente nel caso in cui i sensi antagonisti fossero stati in grado di percepire flebili fruscii o piccoli movimenti. Non c'è da preoccuparsi oltre, si sorprese a pensare. Quindi proseguì ed il kunai e la carta esplosiva, quelli trattenuti in precedenza, vennero combinati. Quattro metri separavano le due entità in quel momento ed avrebbe settato la detonazione a non più di tre miseri secondi. Sua intenzione era eseguire quel lancio e sfruttare le proprietà occultanti ottenute, il risultato avrebbe visto manifestarsi l'esplosione nello stesso istante in cui il congegno fosse tornato visibile. Per trovarvi successo doveva attendere lo scendere del tempo di deflagrazione ed allontanarsi il più possibile, ovviamente a tiro effettuato. Non esitò nell'eseguire il tutto. Ma le tattiche offensive sue mancavano ancora di un colpo finale. Pescò ben quattro dei suoi shuriken che spinse con le mani al loro lavoro dopo movenze incrociate delle braccia mentre con la sola volontà attivava una tecnica atta a confondere le idee dell'avversario. Quattro erano gli shuriken lanciati ma all'altro sarebbero spuntati dal nulla ben sedici proiettili rotanti. Ed in quel momento, dopo aver eseguito tanto, fece scivolare via la tecnica del mimetismo per contraccambiare l'educazione del suo avversario. In Namaskara pronunciò:

Io sono Samael Palazzo, come te un genin ma di Konoha. Il piacere è mio.

Soddisfatto di come lo scontro aveva preso a proseguire, un ghigno compiaciutò allargò le sue labbra ed una scarica di giusta eccitazione gli fece scordare del suo costato ferito.

Già luttuose nell'aspetto con il loro brumoso ricoprire il monumento celeste, piansero. Nel lento precipitare, pizzicavano delicatamente la muscolatura tesa dell'asceta ritrovandone quest'ultimo sollievo e rinnovato vigore. Una chimera dettata dalle circostanze, sensazioni effimere che spingono l'uomo oltre i suoi limiti ed in determinati casi lo elevano al successo.

Ma breve fu l'illusione e presto Darren, la sua nemesi in quel duello, scivolò rapido a trovarlo attraversando il buio come un gufo che trafora la foresta in volo al crepuscolo. D'impeto poi trovò lo stallo fermandosi a pochi metri. In mano stringeva la ferale lama, minacciosa non per la lunghezza del suo filo ma perchè arricchita di un esplosivo. Era lo stesso congegno visto in precedenza, ma da un'altra angolazione; indi, doveva preoccuparsene. Quell'oggetto mortale prese dunque il volo, schivarlo non sarebbe stata questione impossbile; ciò che lo assillava era l'improbabilità con cui non sarebbe riuscito ad evadare al seguito. Non solo le voraci fiamme rendono un'esplosione tanto devastante, lo spostamento d'aria è alla pari temibile. Questo infatti lo sconvolse, nel momento in cui in un saettante balzo mosse acrobazia verso destra, sbilanciandolo e facendogli effettuare alcuni movimenti innaturali sino alla caduta a terra. Un vistoso rossore, che presto avrebbe assunto la caratteristica sembianza di una contusione, comparve sulla sua schiena ed in quel momento si piegò per il dolore. Era già abbastanza; ma non per il Genin di Kumo. Già stringeva nelle sue mani un trio di aghi dall'aspetto spettrale ed azzurrognolo, lo stesso del raiton. Glieli scagliò con agile gesto e Samael non ebbe altro modo che utilizzare il già scarso e prezioso chakra per evitare un danno maggiore. Un altro saettante baluginio gli si avvolse, strisciandogli sempre in groppa e con il caratteristico frascheggio effervescente. Fece a tempo nel comparire, ma immediatamente fu relegato nell'oblio dei jutsu: le due tecniche infatti, non fecero altro che annullarsi a vicenda. Così come gli spilli venivano assorbiti dal lucente drago, quegli ultimi lo indebolivano. Poi, apparentemente, alcuni secondi di quiete invasero quel piccolo appezzamento.

Ecate aveva reso la pianura un luogo perfetto per ingannare. Un piccolo mondo a sé stante, almeno per la notte, dove gli sguardi difficilmente si sarebbero incrociati. Le brillanti iridi cremisi del guerriero, non sarebbero mai state in grado di penetrare le prepotenti ombre notturne: né io né tu, caro mio fatale amico, riflettè nell'istante in cui nubi d'ebano nascosero il campo di battaglia più di quanto già lo fosse. "Quando un uomo desidera tante cose, non ha sé stesso." Teatralmente interpreta abitualmente il mio sensei. E sia così. Precipitò nella pura cogitazione rendendosi conscio di quanto ancora avrebbe potuto fronteggiarlo, quell'avversario così infaticabile. Doveva accontentarsi, come il saggio cita, ed aggrapparsi a quello che la sorte offriva in quel momento.

La risposta alla violenza dell'avversario, alle ferite subite, ed all'ultima escogitazione per ingannarlo fu semplice ed all'apparenza inutile: arretrare di alcuni metri e trasformarsi. In un'insignificante esplosione di chakra, una piccola pietra si confuse nel terreno e le autunnali vegetazioni della pianura Kumese; in attesa del momento opportuno.

Il cielo sembrava rigurgitare con disprezzo il frutto della sua furia impetuosa. L'infinito gocciolare pareva non conoscere fatica, ed il rombo dei tuoni ebbe presto l'opportunità di partecipare a quello che somigliava al dipinto di un autore dal carattere irascibile. Cicatrici bluastre ed abbacinanti squarciarono il sudario notturno ma nella quiete immobile dell'immutabile pietra il guerriero sembrava non curarsene; seppur tutto faceva parte di una mera illusione. Poi, in quello che per un oggetto dalle misere proporzioni poteva apparire come un intero mondo, si accese un nuovo sole dalle sfumature elettriche. Non era però lo stesso astro trainato dal mitico carro di Apollo, somigliava per eccessi alla collera del dio dei fulmini che non attese a colpire. Le saettanti scariche si abbatterono al suolo rievocando l'atmosfera di cui Samael aveva dimenticato. Scomparvero nel terreno come talpe spaventate e, lungo la loro scia, si lasciarono dietro ciuffi arsi dalla loro machiavellica efficacia. Fulgide, sfiorarono l'involucro in cui era mutato ed una forte emanazione voltaica lo fece sussultare.

Ma l'attimo atteso si era prontamente presentato e senza interrompere la trama del suo piano ascese a forma umana.
Adesso! si accese il suo lume. Prese nuovamente le proprie sembianze con il corpo identico a quello di un Moro, la pelle gli ardeva. Il costato lo debilitava e nelle mani stringeva una sola ed ultima possibilità per vincere. Che tu possa sprofondare nell'oblio della mia fantasia! Utilizzò tale frase come canalizzatore della sua mente e della stabilità per il proprio chakra, mentre i sigilli di un jutsu illusorio andavano a comporsi uno dopo l'altro. E nella lunsinga volta all'avversario, creò il miraggio. Creò un albero da cui fuggire era come correre verso l'orizzonte; quest'ultimo però era pronto ad immobilizzare i suoi sensi. Non era più tempo di attendere l'esito fruttuoso del suo genio, nè per il contrario; mosse rapidamente i propri passi e febbrilmente anche le sue mani lavorarono. Estratto un sigillo esplosivo doveva solamente sperare nella buona sorte e riuscire ad applicarlo alla sua vittima. Il genjutsu gli avrebbe concesso di comparire alle sue spalle per poi allontanarsi più che poteva.

Possa il tuo dio aiutarti!