Girone A: WEP VS Drizzt

Sempre immerso nella pura contemplazione degli elementi, quella era un'abitudine restia ad abbandonarlo; non che fosse un vizio a cui dovesse rinunciare. Quando si ritrovò immerso nella tropicale macchia dell'arena Kumese, fu sorpreso del luogo in cui era arrivato a respirarne la densa aria stagnante, tanta era la concentrazione. Quanto tutto era conseguenza del lezzo provocatorio che gli solleticava non l'olfatto ma lo spirito guerriero; non un odore molesto lo disturbava, era un presentimento e, come una cappa caliginosa, nascondeva lui il resto del mondo. La fronte era già perlata dal sudore quando il folto crine di sfumature turchine si agitò nonostante l'assenza di un qualsiasi sospiro del vento. Di primo acchitto gli sembrò di poterne già annusare la melliflua fragranza; avvenne nello stesso istante in cui si accorse della ragione del suo pensiero fisso. Quella nebbia soffocante infine si dissolse e nell'osservare le delicate movenze altrui se ne rese conto.
Una kunoichi. Una donna.
Si scoprì dedurre, finalmente! E, quell'idiosincrasia, quella consuetudine cavalleresca tanto nobile quanto poco astuta paralizzò l'asceta. Lo stupore fu tale quasi quanto l'ondata di polvericcio che gli aggredì il volto: dal sapore dei pochi granelli che sorpassarono le sue labbra, potè riconoscerla come sabbia. Gli occhi s'arrossarono e le palpebre non fecero altro che sbadigliare ritmicamente mentre gl'indici tentavano vanamente di soccorrere quel piccolo disastro asportando il fastidio di non molto ogni volta. Il disagio, snervante e degno intrattenitore non ebbe però talento abbastanza per accudire anche il suo udito. Quello ed il suo sesto senso soggiunto gl'indicarono l'avvicinarsi del pericolo. Ma l'intuizione si potè vedere tanto bestiale quanto non del tutto utile e la torsione di un busto maniacalmente allenato, risultò bastare ad evitare solamente il peggio. Un solco, dal bruciore pulsante e sporco di terriccio, gli marchiò dolorosamente ciò che la quinta costola dal basso spartisce con la sesta. Le iridi si denudarono al loro cremisi miste al vermiglio che le inoculavano ancora a causa dell'offesa arrecata loro. Spalancate, mostrarono in tempo ciò che spettava al guerriero che si vide costretto ad un disperato approccio mentre l'ardere di una pergamena lo accoglieva minacciosamente. A metà strada infatti, s'incontrò con l'oggetto del suo artificio per venire sbalzato assieme ad esso alcuni metri a ritroso. Lui ed un'allungata foglia di palma atterrarono reciprocamente a circa cique metri dalla femmina bendata.

Venne quindi il momento appropriato per apportare una modifica al senso della trama, per cambiare marcia e passare alla controffensiva. Fu lo stesso delle sue dita , al limite tra l'esser tozze od ossute, le quali sfruttò inconsapevolmente per grattarsi la nuca. Non aveva la benchè minima idea di come affrontarla - o per meglio dire, se affrontarla. Nè il luogo, nè l'evento lasciavano però spazio a tali espressioni del proprio Io perciò, anticipata da un pesante sospiro, accelerò in una corsa determinata. Un semplice scatto ed il suo volto si trovò ad ammirare da vicino le forme gentili di un corpo diverso dal suo, il corpo grazioso di una ragazza. Si lasciò cadere sul palmo della sua mano destra e con forza a sufficienza si preparò a compiere un giro di trecentosessanta gradi. All'ultimo istante però frenò tutta la sua energia ed il suo piede tentò semplicemente di agganciare le caviglie avversarie; voleva solamente falla cadere a terra il più delicatamente possibile. Poi, rialzandosi e cercando d'incrociare lo sguardo altrui ululò sommessamente:

Devi scusarmi. Proprio non riesco a ferire una ragazza, per quanto il mio atteggiamento possa sembrare maschilista...sono stato educato in questo modo. Sono Samael Palazzo, un umile asceta.

La sua risposta riecheggiò tra le pareti del labirinto che i suoi lumi costituivano demolendo la sua motivazione a non esagerare. Con la mancina, continuò a grattarsi la nuca chiedendosi se non dovesse rispettare l'ardore altrui dimostrando anche il proprio. Pensieri vani che oscurarono la sua concentrazione solamente fino ad un nuovo agire della giovane. Così, come un microscopico esercito di formiche assassine, le polveri di quella che era il suo strumento d'offesa accarezzarono il suo viso. In un vezzo delicato che nasconde sinistre intenzioni, si aggrappò alle narici ostruendole di poco. Voleva soffocarmi con così poca sabbia? Vuole così tanto ch'io la ferisca? s'interrogò mentre distraeva la destra a liberarlo dal fastidio, poi tirò un lungo sospiro: Mpf, dovrò chiedere perdono al mio maestro, a breve le mie mani si alzeranno contro una donna, una donna che merita di essere rispettata in altri metodi e che ora colp- ed interruppe il suo flusso di coscienza dovendo affrontare ancora una volta l'orgogliosa Sunese. Le sue mani si chiusero a pugno continuando un'elegante movenza che trascinava l'intero suo corpo a donare loro la giusta forza, stavolta però non voleva essere colpito, non avrebbe più concesso alcunchè alla sua avversaria. Il suo fisico si mosse d'istinto, disciplinato all'arte marziale, volle imporsi al suo tocco con entrambi i palmi aperti. Tentò di scaricare le forze con un movimento a sollecitare verso il basso, lì poi si spinse oltre. Le braccia descrissero un cerchio incontrandosi per poi allontanarsi, spinse verso l'esterno il fiato prima trattenuto ed iniettando nuovo ossigeno nei suoi polmoni scaricò un primo calcio al fianco di quel corpo gentile. Un altro, speculare nel movimento e nell'obiettivo, si alzò a destra; l'ultimo, portato con il mancino, andò a cercare l'impatto della coscia opposta. Flesse l'unica gamba tornata a terra e con movenza elastica scattò all'indietro per qualche metro. Nel mentre, pescò numerosi shuriken con cui impegnò entrambe le mani. Decise di utilizzare una tecnica con cui aveva già tentato di ingannare un suo avversario, quella volta però, volle creare un vero stormo di lame rotanti. Le reali, viaggiavano confuse tra le illusorie ma la loro traiettoria minacciava punti non vitali come entrambe le braccia, spalle e le sue gambe, i rimanenti completavano il quadro delle zone non colpite; poterono contarsi trentadue proiettili: una vera nube scura.

...Scusami...allora...

Si era spinto oltre e come conseguenza si sentiva imperfetto, in errore e profondamente deluso di se stesso. Lo reggeva ancora la convinzione di aver scelto ciò che era giusto, ovvero rispettare quella ragazza combattendola anche se ciò gli stava costando una lotta interiore e l'andare contro gl'insegnamenti - o semplicemente l'educazione - ricevuta.
Non è nulla del gen-
Mai le donne peccano di errori nello sfruttare le debolezze altrui, mai se loro stesse ne sono la fonte. Il vaneggiare con interrogativi disinteressati fermò il guerriero come le spire di un grande serpente, che lo portò a non prestare la necessaria attenzione. Il sibilare metallico della ferale lama s'interruppe solo al saziare la sua sete; gocce vermiglie colorarono il suolo. Fulmineo, il dolore portò rapidamente il suo messaggio che dal palmo della mano avvisava di uno squarcio. Il kunai s'incontrò con la destra in un disperato tentativo di evitare il peggio e rivoli di sangue l'addobbarono finchè estratto, la foga tinse anche le corvine vestigia di un rosso vitale, tintinnando poi a terra. Fu per il suo autocontrollo che l'ira non riuscì a sedurlo; semplicemente arretrò di qualche passo e sedette a terra. Fece baciare i palmi delle sue mani, nonostante il pungente fastidio che una gli provocava. Recitò il mantra della compassione, la sua solita preghiera, la stessa di sempre negli ultimi anni. Poi, dopo aver pescato dal piccolo marsupio ben otto spiedi, quattro per ognuna delle due, chiuse gli occhi e cercò nella sua mente l'immagine che voleva mostrarle, voleva concludere in modo shockante. La trovò senza troppi indugi e nell'esplosione di una piccola nube si mostrò ben tre volte più grande, con molte più braccia ed un volto molto diverso, un viso solcato dalle lacrime e tremendamente afflitto. Si presentò sotto forma della figura del suo culto; forse fanatico, forse blasfemo, inarcò le sue cento braccia e spinse verso di lei tutti gli aculei afferrati. E tutti descrissero una traiettoria retta sferzando l'aria pronti a morderla alle gambe.

Om Mani Padme Hum